venerdì 21 giugno 2019

[BLOGTOUR] "Le cicatrici che non ho", Marianna Pizzipaolo






Titolo: Le cicatrici che non ho

Autore:
Marianna Pizzipaolo

Genere:
Narrativa contemporanea

Editore:
Lupi Editore

Prezzo eBook:
5,99

Prezzo cartaceo:
16,64

Link d'acquisto: https://amzn.to/2INr5TI








Quattro personaggi legati da un filo invisibile: Nora, donna misteriosa dal passato sconosciuto, che ogni fine settimana scappa da Salerno, città in cui vive, e si nasconde o forse si rifugia in uno sperduto paesino della provincia.
Gabriele, sfrontato, impertinente, in bilico tra sbagli ed eroina, pieno di vita e di demoni che gli corrodono l’anima.
Mariè, ricco capo d’azienda, la cui vita, apparentemente perfetta, cela l’infelicità e la vacuità dei suoi giorni.
David, l’uomo che tutte vorrebbero e che tutte possono avere, giovane gigolò cubano affamato di vita e di sogni mai realizzati.
Quattro personaggi, due incredibili storie d’amore legate da un filo invisibile destinato a spezzarsi...




Buongiorno a tutti Readers e ben tornati nel blog con una nuova intervista, oggi ospitiamo la penultima tappa del Blogtour di "Le cicatrici che non ho" di Marianna Pizzipaolo!



Innanzitutto, Marianna, volevo ringraziarti per la disponibilità.
Benvenuta sul blog, sono davvero contenta di poterti intervistare!
Senza ulteriori indugi iniziò subito col chiederti...


1. Come hai scoperto la tua passione per la scrittura? Come l’hai coltivata?

Credo sia un qualcosa che ha sempre fatto parte della mia vita, fin da piccola, ho sempre avuto la
testa piena zeppa di parole e dovevo trovare il modo per farle uscire. Ricordo che quando ancora
non sapevo scrivere disegnavo, e ho tantissimi diari segreti pieni zeppi di disegni, gelosamente
conservati, sai di quelli con la copertina imbottita e quei lucchetti che credevi impossibili da
scassinare e che invece si aprivano con una forcina per capelli. Disegni che poi con il tempo si sono
trasformati in parole.
Scrivevo così tanto che con il tempo i diari sono stati sostituiti dalle agende, quelle che si trovavano
nei cesti natalizi, e quelle agende si moltiplicavano negli anni, e quando le pagine finivano e l’anno
invece ancora no, a quell’agenda si aggiungevano pagine di quaderni appiccicate con lo scotch.
Ho scatole piene di pagine e pagine di vita vissuta, di storie inventate, di desideri espressi, ed è un
bellissimo viaggio nei ricordi, perdersi di tanto in tanto, tra i colori della mia infanzia.
Poi le agende si sono evolute, la carta è andata in pensione e le parole si sono trasferite in cartelle
sul computer, in tante, tantissime cartelle, e spero che un giorno tutte possano trovare la strada
giusta per venire alla luce, così come è stato per Le cicatrici che non ho.



2. Hai delle abitudini particolari durante la scrittura?
Non direi, l’unica cosa di cui ho bisogno è il silenzio assoluto.
Sento spesso autrici parlare delle canzoni che ascoltano mentre scrivono, e mi sorprendo ogni volta,
perché io ci ho provato ma proprio non ci riesco.
Mi distraggo, se la canzone mi piace comincio a cantare, se è qualcosa di triste mi deprimo, perdo il
filo dei pensieri e poi va a finire che comincio a maledire me, la musica, tutti i cantati mai esistiti e
che mai esisteranno, la scrittura e l’universo intero.
Quindi no, l’unica cosa di cui ho bisogno è il silenzio per riuscire a dare voce alle parole della mia
testa.


3. Quando scrivi un nuovo libro hai già tutta la storia in mente o la elabori strada facendo?
Comincio a scrivere partendo da un’idea, e poi come una spirale, giorno dopo giorno ne disegno il
contorno. L’idea di partenza può essere qualunque cosa, un’emozione, un evento scatenante, o un
personaggio, e poi la storia prende vita propria, io più che immaginare o pensare a cosa scrivere,
vivo la storia.
In realtà io vedo i miei personaggi e sento le loro voci, che detta così, è un po’ una roba da ospedale
psichiatrico, mamma, papà se mi state leggendo, state tranquilli non sono pazza! Non sono voci del
tipo “purifica i miscredenti con il fuoco” ma semplicemente è come se la storia si svolgesse come un film nella mia mente e io non devo fare altro che trasportarla su carta.
Si parte da un’idea e poi tutto viene da sé, ovviamente ci sono cose che vanno studiate, incastrate
l’una con l’altra, ma per lo più è come se il foglio bianco, o la schermata del pc, fosse un teatro di
burattini, e la mia mente, i fili che fanno muovere con maestria i personaggi e le loro vite.


4. Dove trovi l’ispirazione per i tuoi libri?
Nella vita, nella musica, nella luna, nel sole che si spegne nel mare, nei colori, negli odori, negli occhi delle persone.
Ti capita mai di incrociare degli sguardi e di chiederti cosa c’è dietro? Di chiederti cosa si nasconde
dietro ad un paio di occhi tristi, o a delle lacrime di gioia? Quando vieni assalito dalla voglia di capire se c’è altro oltre quello che appare.
Specialmente in questo mondo in cui diamo tutto per scontato, in cui tutto si basa sull’apparire
invece che sull’essere, spesso mi viene da chiedere se davvero siamo ciò che sembriamo. E da lì nasce tutto.
Dalle risposte che riesco a darmi, o da quelle che rimangono insoddisfatte nascono storie, e poi da
quelle risposte nascono altre domande, cominciano i “se” i “ma” e allora le parole prendono strade
inaspettate. Nella mia mente si svolge una specie di sliding doors, finché non capisco qual è la giusta strada da prendere.
Dimenticavo una cosa fondamentale, l’ispirazione arriva dalle emozioni, senza emozioni non riesco a scrivere niente, se non le ho provate in prima persona, o se non le ho fatte mie in qualche modo non sono capace di mettere nero su bianco niente. In ogni cosa che scrivo c’è un po’ della mia anima.


5. Qual è stato il percorso che ti ha permesso di pubblicare il tuo libro?
In realtà è stato un qualcosa di abbastanza inaspettato. Una volta messa la parola fine al romanzo, e
dopo gli estenuanti e più che snervanti mesi di revisione (perché io odio revisionare e credo sia così
per tutti gli scrittori) ho preso coraggio e ho mandato il romanzo in ogni dove, probabilmente anche
al giornalaio del paese!
E oltre ad aver contattato le case editrici, ho iscritto il romanzo a diversi concorsi letterari, ed è così
che tutto è cominciato.
Da una email di risposta ad uno dei concorsi a cui avevo partecipato mi viene detto che nonostante
io non abbia vinto il concorso, c’è una casa editrice vuole lavorare con me, con tanto di contratto
allegato.
Ero talmente incredula che ho passato la notte insonne a leggere e rileggere il contratto, non mi
sembrava vero che il mio sogno finalmente si stava realizzando.
La mattina dopo, ho contattato la casa editrice e da lì è iniziato questo incredibile viaggio, anche se
l’incredulità mi accompagna ancora oggi.
Perché è un po’ come se si fosse persa l’abitudine alle cose belle, e quando ti capitano fai fatica a
riconoscerle, ad accettarle, è come se ti aspettassi sempre una fregatura dietro l’angolo.


6. Quali sono le difficoltà che hai incontrato (e che stai incontrando) nella promozione del tuo libro?
È un mondo completamente nuovo per me, e il primo impatto non è stato semplice. Non sono la
prima fan di me stessa e quindi mi riesce difficile “vendermi” anche se il promuoversi è l’altra faccia dello scrivere e quindi mi sto impegnando per far sì di riuscire ad arrivare a quanti più lettori possibile. Onestamente non so se ci riuscirò mai, non sempre è facile averla vinta sulla ritrosia che ho nel mostrarmi, ma l’importante è provarci, almeno saprò di non avere rimpianti in qualunque modo andrà a finire.


7. Raccontaci l’emozione del tuo primo libro pubblicato.
È difficile da spiegare, e lo so che sembra un paradosso, per chi scrive non dovrebbe essere un
problema riuscire ad esprimere un concetto.
E in linea di massima è così, però poi quando ti trovi faccia a faccia con emozioni così grandi io
perdo tutte le parole. È come se dovessi provare a convincere la persona che ami ad amarti a sua
volta, o a lasciarsi amare, e tu sai perfettamente quello che hai nel cuore, lo vivi, lo senti, lo domini, o almeno ci provi, ma dalla bocca non viene fuori altro che un brontolio sommesso accompagnato da una serie ripetitiva di parole sconclusionate.
Nel caso dell’amore, così come nell’emozione del vedere il tuo libro pubblicato, sono gli occhi a
parlare.
E le lacrime che brillano nei miei occhi ogni volta che penso a tutto questo, e mi rendo conto di
essere riuscita a realizzare uno dei miei più grandi desideri, raccontano tutto, non hanno bisogno di
parole.


8. Parlaci dei tuoi personaggi: sono ispirati a qualcuno che conosci?
In realtà no, anche se probabilmente chi mi conosce riesce a intravedere tra le righe qualcosa di me
e della mia vita e quindi può pensare che ci siano stati dei soggetti ispiratori.
Sicuramente ognuno di loro è stato plasmato con qualche fibra del mio essere, e in ognuno è
possibile ritrovare un po’ della persona che sono, o di quella che ero.
Nora e il suo provare a colmare quei vuoti che tiene dentro, come se avesse paura di essere
inghiottita da quei buchi che le scavano il petto, e quella sua continua ricerca di serenità che forse
non finirà mai.
Gabriele e il suo essere testardo, irruento, il suo non ragionare quando ha a che fare con quei
sentimenti così forti che vanno oltre la ragione e gli impediscono di fare, quello che è giusto fare.
Mariè e quella corazza che indossa ogni giorno, per provare a proteggersi da quella vita, che in
alcuni momenti ha preteso troppo.
David e i suoi sogni da realizzare, quelli che ti fanno diventare kamikaze, a volte, perché non importa
il prezzo che c’è da pagare, quando desideri veramente qualcosa sei pronto ad andare anche contro
te stesso.
Ognuno di loro, a modo suo, custodisce un frammento di me.


9. Come mai hai deciso di parlare di temi così forti?
La storia si è scritta da sola, è cominciata, si è formata nella mia mente e poi è scivolata tra le pagine senza che io potessi farci niente. So solo che è così che doveva essere, non c’è stato bisogno di scegliere o di ragionarci troppo, era questa la storia che dovevo raccontare.


10. Cosa provi quando pensi che qualcun altro leggerà ciò che hai scritto?
È una sensazione contrastante, perché scrivere è il mio rifugio, il mio porto sicuro, ma è anche un
lavoro, e spero di riuscire a farlo per il resto della mia vita.
Quindi vivi perennemente il conflitto tra il voler tenere le parole solo per te, e la voglia pazza di far
arrivare la tua voce a chiunque abbia l’animo di ascoltarla.
Scrivo per me stessa, scrivo perché non posso farne a meno, è un’esigenza, sento il bisogno di
mettere nero su bianco quello che ho dentro la testa.
È come se passassi le ore ad ascoltare il mio cuore, ma per far sì che questa esigenza diventi un
lavoro, devi fare in modo di arrivare a più persone possibili, ed è difficile, difficilissimo.
È difficile perché vuoi o non vuoi ti mostri, anche se non è la tua storia, non è il tuo vissuto, nelle
parole che scrivi ci sono pezzi di te, frammenti di cuore.
E quando doni le tue parole a qualcuno, fai un atto di fede, ti metti nelle mani di molti, sperando di
rimanere negli occhi, e nei cuori di chi si emoziona insieme a te.
Perché scrivere è come mostrarsi senza pelle, resta solo carne.
È buttare sale su una ferita aperta, e il sale brucia.
Ma scrivere, è anche l’unica cosa capace di toccare dove serve, di accarezzare qualche cicatrice.




Siamo giunti alla fine di questa intervista, io ti ringrazio ancora tantissimo Marianna per aver risposto a queste domande e per la disponibilità dimostrateci.


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ogni lettore deve seguire e commentare ogni tappa,
seguire l’autrice sul suo profilo Instagram e taggare (nel suo post) tre profili.

L’estrazione avverrà alla fine del blogtour.
 

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